Duplicazione dei software violazione dei diritti d'autore
Corte di Cassazione sentenza n. 5879 del 2012
La Corte di Cassazione ha condannato e multato un imprenditore per aver duplicato dei software contestando la violazione dei diritti d'autore. La legge 22 aprile 1941, n. 633 istituisce la protezione delle opere dell'ingegno di carattere creativo, che appartengano alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all'architettura, al teatro, alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione e precisa che sono, altresì, protetti i programmi per elaboratore come opere letterarie. La tutela consiste in una serie di diritti esclusivi di utilizzazione economica dell'opera e di diritti morali a tutela della personalità dell'autore, che nel loro complesso costituiscono il "diritto d'autore". Nel caso in argomento, la duplicazione dei programmi utilizzati su vari e differenti personal computer ha violato la norma del diritto d'autore perché l'imprenditore doveva acquistare licenze diverse per ogni singolo computer e non utilizzare la stessa licenza per tutti.
Limiti al Diritto D'autore sul software
La Corte di Giustizia UE con la sentenza del 2 maggio 2012, nella causa C-406/10, ha sancito che la direttiva 91/250/CEE debba essere interpretata nel senso che: 1) non costituiscono una forma di espressione di un programma per elaboratore e non sono, a tale titolo, tutelati dal diritto d'autore sui programmi per elaboratore ai sensi della predetta direttiva né la funzionalità di un programma siffatto né il linguaggio di programmazione e il formato di file di dati utilizzati nell'ambito di un tale programma per sfruttare talune delle sue funzioni; 2) colui che ha ottenuto su licenza una copia di un programma per elaboratore può, senza l'autorizzazione del titolare del diritto d'autore, osservare, studiare o sperimentare il funzionamento di detto programma al fine di determinare le idee e i principi su cui si basa ogni elemento di tale programma, allorché egli effettua operazioni coperte da tale licenza nonché operazioni di caricamento e svolgimento necessarie all'utilizzazione del programma e a condizione che non leda i diritti esclusivi del titolare del diritto d'autore sul programma di cui trattasi; 3) la riproduzione, in un programma per elaboratore o in un manuale d'uso di tale programma, di taluni elementi descritti nel manuale d'uso di un altro programma per elaboratore tutelato dal diritto d'autore può costituire una violazione del diritto d'autore su quest'ultimo manuale qualora – circostanza che spetta al giudice del rinvio accertare – tale riproduzione costituisca l'espressione della creazione intellettuale propria dell'autore del manuale d'uso del programma per elaboratore protetto dal diritto d'autore. Dunque ciò che preme sottolineare è che, alla luce di tale interpretazione, rimangono esclusi dal copyright sia la funzionalità di un programma per computer sia il linguaggio di programmazione utilizzato, con la conseguenza che chi acquista la licenza d'uso ha, almeno in linea di principio, il diritto di osservarne, studiarne o sperimentarne il funzionamento per individuare le idee e i principi che sono del programma, senza che ciò costituisca una violazione del diritto d'autore.
Creatività e originalità del programma informatico
Cassazione Civile , sez. I, sentenza 12.01.2007 n. 581
In termini generali la protezione del diritto d'autore del software postula al pari di quello riguardante qualsiasi altra opera, il requisito della originalità. Si pone dunque anche per il software, che rappresenta la sostanza creativa dei programmi informatici, la necessità di stabilire se l'opera sia o meno frutto di un'elaborazione creativa originale rispetto ad opere precedenti, ma con due importanti precisazioni:
1) la creatività e l'originalità sussistono anche qualora l'opera sia composta da idee e nozioni semplici, comprese nel patrimonio intellettuale di persone aventi esperienza nella materia propria dell'opera stessa, purché formulate ed organizzate in modo personale ed autonomo rispetto alle precedenti; 2) la consistenza in concreto di tale autonomo apporto forma oggetto di una valutazione destinata a risolversi in un giudizio di fatto, come tale sindacabile in sede di legittimità soltanto per eventuali vizi di motivazione. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 581 del 12 gennaio 2007, ritenendo legittimo, nella specie, il comportamento di una società che aveva ceduto in uso, con clausola di esclusiva, un programma informatico riguardante il controllo del carico degli automezzi nei depositi petroliferi, ed una cui collegata aveva successivamente venduto ad una società concorrente della prima cessionaria un programma che era risultato costituire una rielaborazione del primo, dotato di una sua specificità, e la cui originalità consisteva nella capacità di adattare l'architettura applicativa al caso ed all'ambiente tecnologico particolare.
Diritti del dipendente creatore di un software
Corte di Cassazione sentenza n. 15534 del 2012
La Cassazione affronta il tema delicato dei diritti del dipendente-sviluppatore che concede l'uso al datore di lavoro del software che ha creato e stabilisce che "In generale, in difetto di una norma speciale, deve escludersi che sussista una disciplina inderogabile a tutela del lavoratore che risulterebbe violata da un accordo con il quale il creatore di un programma per elaboratore ne consente l'utilizzo al proprio datore di lavoro." Il caso ha riguardato un dipendente INPDAD che, sebbene non assunto con mansioni di tipo "informatico", aveva sviluppato un software per il calcolo di indennità di servizio e dunque di interesse diretto per l'ente presso il quale lavorava. L'ente in questione aveva cominciato ad utilizzare il software senza formalizzare il rapporto con l'autore anche sotto il profilo del pagamento di una licenza. La tesi del dipendente era, in sintesi, che avendo sviluppato il software nell'ambito del rapporto di lavoro, aveva l'obbligo di consegnarlo al datore e che dunque il datore avrebbe dovuto corrispondergli quantomeno un indennizzo per l'uso del programma. Secondo la Corte di cassazione, a parte i diritti espressamente attribuiti al dipendente anche dalla legge sul diritto d'autore, non esistono degli obblighi automatici sulla base dei quali un datore di lavoro avrebbe dovuto indennizzare il dipendente. Sarebbe stato un altro discorso se i rapporti fra le parti fossero stati regolati da una licenza che avrebbe dovuto e potuto regolare anche gli aspetti economici. In questo caso, infatti, il diritto a essere pagato per l'utilizzo del software sarebbe stato fuori discussione.
Diritto d'Autore anche per i videogiochi
Corte di Cassazione n. 1204 del 1999
La Corte di Cassazione afferma l'obbligo della preventiva vidimazione della SIAE anche sui supporti informatici e in particolare sui cd rom contenenti videogiochi. L'assunto, secondo la Corte, trova il suo fondamento nel dato testuale dell'art. 171 ter che, a conclusione di una breve elencazione, peraltro non tassativa, fa riferimento a tutte le immagini in movimento che, in quanto tali, devono ritenersi ricomprese nella tutela della legge. La materia è disciplinata in Italia dagli artt. 2575- 2583 del codice civile, dalla legge speciale sul diritto d'autore del 22 aprile 1941 n. 633 e dal relativo regolamento di esecuzione, approvato con R.D. 18 maggio 1942, n. 1369, e da numerose convenzioni internazionali, tra cui le più importanti sono la Convenzione di Berna, per la protezione delle opere letterarie e artistiche, firmata il 9 settembre 1886 e la Convenzione universale del diritto d'autore, firmata a Ginevra il 6 settembre 1952.
Illegittimo licenziare il dipendente che installa software non autorizzato
Cassazione civile Sez. lavoro sentenza n. 26397 del 2013
Il caso in esame riguarda il licenziamento disciplinare di un dipendente al quale la società datrice di lavoro aveva contestato un comportamento illecito che aveva minato irrimediabilmente il rapporto di fiducia tra la società e il lavoratore: egli, in violazione delle direttive aziendali, aveva installato sul personal computer aziendale un software non autorizzato potenzialmente pericoloso per la riservatezza dei dati sul pc, in quanto poteva consentire l'accesso a terzi estranei allo stesso, e tale circostanza era stata aggravata dall'atteggiamento del dipendente, il quale nei propri scritti difensivi aveva peraltro negato il fatto stesso di aver installato il predetto programma. Il tribunale, prima, e la Corte di Appello, poi, dichiarano il licenziamento illegittimo e ordinano la reintegra del dipendente: la Corte territoriale, in particolare, motiva la propria decisione, anche sulla base dell'istruttoria svolta, con argomenti che trovano l'avallo, sotto il profilo della legittimità, della Corte di Cassazione nella sentenza n. 26397 del 26/11/2013, con la quale la Suprema Corte respinge il ricorso proposto dal datore di lavoro.
Scaricare programmi informatici non è reato
Corte di Cassazione sentenza n. 149 del 2007.
La Corte è stata chiamata a pronunciarsi a seguito di ricorso avverso sentenza emessa dalla Corte di Appello di Torino, sentenza di conferma della pronuncia di colpevolezza di due studenti in ordine ai reati di cui agli artt. 171 bis e 171 ter legge diritto d'autore (n. 633/41). La Corte di Cassazione ha anzitutto escluso la configurabilità del reato di duplicazione abusiva - e quindi il reato di cui all'art. 171 bis - in quanto la duplicazione non è operazione propedeutica al download, ma concetto ben diverso. Difatti la duplicazione non era attribuibile a chi originariamente aveva effettuato il download, ma a chi si era salvato il programma prelevando i files necessari dal server su cui erano disponibili. Per quanto concerne invece il reato di cui all'art. 171 ter, essendo che nello stesso è previsto quale elemento costitutivo del reato il fine di lucro, secondo la Corte di Cassazione è possibile escludere tale fine nel caso di specie. Difatti il legislatore, che più volte è intervenuto nella legge a tutela del diritto d'autore alternando nei vari reati i fini di lucro a quelli di profitto, ha messo in risalto la netta distinzione tra i due concetti. Lo scopo di lucro è rintracciabile laddove vi sia il perseguimento di un vantaggio economicamente apprezzabile; lo scopo di profitto include ogni mero vantaggio morale. In questo caso la messa a disposizione dei programmi mediante attività di download non configura alcun lucro (elemento richiesto dal 171 ter) poiché le attività sono state effettuate gratuitamente.
Craccare le console è reato
Corte di Cassazione sentenza n. 8791 del 2001
Craccare una console è reato, e come tale va punito. E' quanto ha stabilito la Terza penale della Cassazione che, tornando sulla protezione del diritto d'autore applicato alle nuove tecnologie, annulla con rinvio un'ordinanza 'liberista' del Riesame di Firenze, confermando appieno due precedenti giurisprudenziali (23765/10 e 33768/07). In pratica, sebbene la console sia indubbiamente un hardware, è però un elemento essenziale per far girare software originali, cosicché ogni sua manomissione vanifica di fatto la protezione stessa dei programmi. Infine, secondo i giudici della Corte, in questo modo si elude anche la legge sul diritto d'autore (articolo 171 c.1 lettera f-bis) andando inevitabilmente incontro a sanzioni.